July 31, 2009

PANEM, PORCHETTAM et CIRCENSES...

Rispose allor Margutte: - A dirtel tosto,
io non credo più al nero ch'a l'azzurro,
ma nel cappone, o lesso o
vuogli arrosto;
e credo alcuna volta anco nel burro,
ne
lla cervogia, e quando io n'ho, nel mosto,
e molto più nell'aspro che il mangurro;
ma sop
ra tutto nel buon vino ho fede,
e credo che sia salvo chi gli crede…”


Tratto dal poema “Morgante” di Luigi Pulci (1432-1484)


Ci risiamo: a nemmeno una settimana dall’improrogabile missione in Germania del neosindaco Pensi, ecco che l’Amministrazione gualdese se ne esce con un’altra iniziativa destinata a rimanere scritta nei libri di storia: un festival della porchetta nella Rocca di Gualdo Cattaneo.

Non è un caso, forse, che il giovane avvocato recentemente assurto alla carica di primo cittadino abbia deciso di tenere per sé la delega alla cultura: un simile connubio fra arte, storia e fegatelli col pepe, ben difficilmente avrebbe potuto essere opera di un comune mortale.

Le ragioni di una simile iniziativa possono essere facilmente intuibili.

Innanzitutto un profondo senso di gratitudine - tutto politico - verso l’istituzione della porchetta, elemento base della campagna elettorale dello schieramento composto dal Partito Democratico e dai suoi vassalli, che se da un lato ha seriamente rischiato di estinguere la popolazione suina locale, dall’altro ha colmato il deficit di idee e contenuti con cui gli attuali amministratori avevano iniziato la loro ascesa al potere.

Secondariamente, è ravvisabile una punta di “ma-anchismo” Veltroniano, che in simili contesti non guasta mai: è infatti noto che i signori “piddini” sono sì per la cultura ma anche per un po’ di dozzinale e gretta ignoranza, sono per le cose ben fatte ma anche per qualche amabile ed innocua puzzonata.

Cantava il povero Gaber “…la cultura per le masse è un’idiozia, la fila coi panini davanti ai musei mi fa malinconia…”. C’è un che di brutale, di profondamente brutale nel voler a tutti i costi e in tutti i contesti mettere insieme cose fra loro ossimoriche, antitetiche, assolutamente stridenti, totalmente fuori contesto.

La scaletta in stile IKEA della Rocca e la ripavimentazione della piazza del Capoluogo coi ciottoli di fiume sono un po’ il simbolo dell’incompetenza bovina con cui è stato gestito e continuerà ad essere gestito il patrimonio storico culturale del nostro Comune. Ci sono giunte voci anche di un restauro del Teatro, ad opera di un architetto noto per le sue parentele politicamente “altolocate”, fatto con i soliti criteri che tutti conosciamo e che hanno reso i nostri amministratori umbri famosi nel mondo.

Tempo fa ci è capitato di ascoltare i commenti di alcuni turisti tedeschi sul restauro del centro storico: se l'Avvocato Pensi avesse perlomeno una conoscenza passiva del tedesco e si fosse casualmente trovato nei paraggi, dubitiamo che avrebbe avuto il coraggio di varcare la frontiera del Brennero.

I nostri, però, sono solo discorsi da poveri stronzi. Ciò che sembra aver più importanza in questa torrida estate dell'anno del Signore 2009, con le famiglie ogni giorno sempre più povere e la crisi che è solo agli inizi, è la bisboccia. Quest'amministrazione godereccia, sambaiola, che ricorda il Ministro socialista De Michelis negli anni d'oro, è per buona parte espressione di un elettorato inamovibile e fidelizzato fino all'inverosimile.

E' un limite con cui dover imparare a convivere. “A noi ce piace de magnà e beve, e nun ce piace de lavorà..”. Chissà, forse passeranno alla storia come la giunta de “l'acqua fa male”.

Inutile sperare che emerga il potenziale cittadino che si annida in ogni suddito di questa desolata landa. La gozzoviglia e le varie brasilianate in piazza con l'alto patrocino delle “istituzioni” fanno parte di un ben più ampio meccanismo di potere vecchio di oltre duemila anni, che il poeta latino Giovenale aveva stigmatizzato con un'espressione giunta fino ai nostri giorni: PANEM ET CIRCENSES.

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